Metterci la faccia.

Domenica scorsa sono stata a Bergamo per la festa di mezza quaresima.

Andiamo a vedere i carri! Una decisione presa così alla leggera, per fare qualcosa che mi riconnettesse un po’ con la mia infanzia e per divertirsi in maniera spensierata e chiudere bene un weekend pieno.

Peccato che dopo una serie di carri colorati, allegri e caciaroni, professionali o meno, abbiamo visto sfilare questi dementi coperti dalle maschere di V. Inneggiando a una paventata libertà negata e a complotti celati dai poteri forti.

Erano ancora lontani.

Forse è una presa in giro.

Forse sono ironici.

È calato un gelo nel calore della folla, alcune persone sembravano solo in attesa che si capisse l’ironia o qualche cenno di satira.

In un mio mondo ideale sarebbe stato così.

Invece avanzavano con slogan surreali e volantinando su temi complottaronovax.

Non possono aver dato il permesso a questa gente di sfilare tra carri divertenti a farsi pubblicità.

A Bergamo.

Alla vigilia dell’ anniversario della commemorazione delle vittime del COVID.

A Bergamo.

Nella città della sfilata delle bare.

La sovrapposizione dei concetti e delle immagini mi ha sopraffatto e mi è montata una rabbia e un’ indignazione che mi pulsava la carotide e mi sentivo incandescente. Ho iniziato a urlare: “vergogna!”

Il signore accanto a me ha iniziato anche lui a urlare il suo sdegno e ha intimato al più vicino di togliersi la maschera e metterci la faccia.

Il mio compagno urlava con me.

Lui si è avvicinato strafottente e alzando la maschera ha detto:”e adesso che ti cambia?”

Ho sentito le fiamme dell’ ingiustizia e dei valori calpestati invadermi.

Che uno ti può riconoscere ed evitare nella vita ecco cosa cambia.

Una signora cercava di calmare le acque e diceva di lasciare perdere. A quel punto la capocarro ha afferrato il tizio e lo ha allontanato dalle transenne.

In quel momento ho desiderato violenza.

Mi hanno rovinato l’ atmosfera? Si.

Ma ho riscoperto di avere ancora il sangue nelle vene e anche quel lato di me che ci tiene alla socialità intesa come il concetto più alto di libertà: il diritto di esistere tranquilli inseguendo un benessere comune di solidarietà e rispetto reciproco e dell’ ambiente che ci circonda. Lo pensavo svanito sopraffatto dall’ età e dalla rassegnazione.

Purtroppo la democrazia è anche questo.

Dare spazio a delle amebe che hanno pensato che fosse intelligente inserire i loro credo in quel contesto invece che in altre sedi più consone. Senza vergogna e pudore per lo meno in memoria dei morti.

Ah già per loro non esistono i cadaveri…gomblotto!!!1111

Vallo a dire a chi ha perso un genitore, un nonno, uno zio, un fratello,un amico.

E poi cazzo lasciate in pace V. Inventatevi qualcosa di vostro invece di traviare il significato di un’ personaggio meraviglioso.

Se proprio non potete fare a meno di vi do un suggerimento per una modifica adatta:

Fate schifo. Perché non ce la mettete la faccia?





Sogni inattesi.

Sogno spesso situazioni del passato che riaffiorano e che rivivo nel modo in cui avrei voluto che andassero e non come davvero sono accadute. E ci resto sotto per giorni.

Oppure arrivano sogni assurdi estemporanei che hanno a che fare con i miei cold-case della vita e che sembrano film. E ci resto sotto per giorni.

Tipo stanotte.

Sogno la festa del tuo 50°. Che poi quanti cazzo di anni hai in realtà? Boh

Sogno il flyer con la grafichetta fica e l’orario con su scritto gli ospiti, stile concertone del primo Maggio, ma soprattutto quando inizia il tuo dj-set. Che poi quanto te la tiri in sto sogno? Boh

Sta di fatto che io ci vengo a sta festa su invito eh mica me lo vorrò perdere!? La sensazione generale del sogno è che sembrerò patetica e forse lo sono, ma voglio che tu mi veda ancora una volta.

Sogno che entro a sto party che si rivela essere nello stile di un festival che noi tutti ci ricordiamo bene. Che bravi i tuoi amiconi ad aver tirato fuori sta chicca. Maxi schermo, palco, tavolate…

Sogno che il mio corpo non è il mio. Troppo secco. Troppo lungo. Sono vestita stile cerimonia. Ma pare che nessuno ci faccia davvero caso. Mi guardo i piedi. Calze bianche e merletti. Sembro la tizia del video di Mr.Brightside dei Killers. Che poi quando mai indosserei sta roba? Boh

Sogno che c’è gente che conosco ma non so chi sia davvero, non hanno facce. Sogno altra gente che conosco che è venuta per andare ad ascoltare musica in un tendone separato, allestito per garantire la varietà di stili ma che del tuo compleanno non ne sanno niente. Che poi tutta sta democrazia musicale ti rappresenta davvero? Boh

Mi siedo, converso. Ho l’ansia. Unico punto del sogno in cui mi sento davvero come quando ti incontravo nella realtà.

Guardo gli altri tavoli. C’è la tua ex storica truccata pesante. Smokey eyes un po’ troppo colati. Non importa. Che poi che coraggio ha avuto ad esserci? Boh

Arriva il cantante di uno dei miei gruppi del cuore e si siede al mio tavolo a un paio di posti di distanza. E’ splendente. Mi viene uno slancio di coraggio e gli chiedo scusa del disturbo ma devo per forza stringergli la mano e complimentarmi perchè amo il suo lavoro. Mi sorride, ringrazia e anche se mi scoppia il cuore dall’emozione lo saluto e torno composta al mio posto. Mi sopraggiunge un altro tipo urgenza. Che poi quando mai gestirei una conversazione così senza fare strafalcioni o inciampare? Boh

Quando cazzo arrivano le 16.30? Quando inizia sto dj-set? Che poi quando cazzo pensi di arrivare se è la tua festa? sei nascosto? Boh

Non riesco a stare ferma ad aspettare il cibo, devo alzarmi. Che poi quando mai io non mangio? Boh

Giro per la festa, vado ai tendoni a distrarmi. Scosto la tenda blu. Dentro è tutto buio, luci disco e musica tunza tunza. Richiudo la tenda e vado al bagno. Che poi la tenda blu non era al Radio Onda d’Urto? Boh

Sul maxischermo sta andando una mini clip video di te bambino in alcune mirabolanti avventure in qualche luogo d’Italia. Che poi sei davvero tu o è tuo figlio? Boh

Quando cazzo arrivano le 16.30? Quando inizia sto djset? Che poi quando cazzo pensi di arrivare se è la tua festa? sei nascosto? Boh

Meglio che mi svegli.

Ok bene è suonata la sveglia.

Fine.

34° Party/parto

Guido verso casa.

Sono un po’di giorni che medito.

Mentre cammino o guido, complice la settimana di ferie casalinghe e quindi il tempo libero improvvisamente guadagnato, mi viene l’urgenza di scrivere.

Era moltissimo che non accadeva quindi cerco di impigliare i pensieri e ricordarli per questo post. (Che parto dopo mesi!)

Rifletto su quanto sia felice di essere diventata brava a lasciare andare.

Penso sia la mancanza di voglia.

La ricerca della felicità unita alla pienezza attuale della mia vita.

Sembra stupido ma rifuggo qualsiasi tipo di sofferenza e/o fastidio inutile. Dopo il breakdown del 2016/17 e la successiva faticosa risalita, è come se avessi deciso di immagazzinare le energie destinate ad un ipotetica disgrazia o conflitto inevitabile futuro.

Nel frattempo quando qualcuno si manifesta troppo insistente/prepotente/pedante/stronz* faccio semplicemente una bella dribblata e vado avanti.

Evito proprio. Non ho voglia.

In contrapposizione però mi son trovata a chiedermi quanto cazzo di tempo e voglia hanno le altre persone di polemizzare.

Anche quelle che di disgrazie nella vita ne hanno o hanno avute.

Forse borbottano per ogni cazzata per non pensarci?

Può essere.

Dovrei empatizzare?

Può essere.

Ma se una persona ti parla dello stesso argomento per settimane, ad ogni occasione utile possibile, rasentando l’ossessività e poi invece per una cosa importante delega altri a riferirtelo dovrei comunque soprassedere?

E sia.

Ma seriamente…ponderate sulla vostra voglia di sprecare energie in cose che vi portano ansia, polemica e bruttezza e che forse non ne valgono la pena e godetevi la vita.

Ps: sono arrivata a 34. La torta fatta col mio compagno nella nostra casina e la giornata spesa insieme conclusasi con una bella cenetta libanese sono bastate per rendermi gioiosa.

MISCELLANEA #1 – MENTAL ILLNESS & WELLNESS

Ringrazio me stessa ogni giorno sempre più per aver avuto la forza e la fermezza di non commettere mai scelte avventate.

Da adolescente e poco più adulta, vuoi per paura, vuoi per orgoglio, nonostante i periodi bui, i periodi tristi, la noia e la sensazione di inadeguatezza quasi sempre appiccicata addosso, sono rimasta sempre ferma sul fatto che la mia persona e la mia mente dovessero rimanere pulite dalla tentazione di scacciare la sofferenza con mezzi troppo facili.

In effetti per quanto spaventoso sia dover ammettere a se stessi dopo che si ha avuto un breakdown mentale che forse non si è così forti come si è sempre pensato, è pur sempre vero che è consolante aver imparato ad accettarlo e a volersi bene ugualmente. Anzi forse più di prima.

Senza anestetizzarsi. Senza fuggire. Senza annegare.

Bisogna diventare boe. Che seppur ancorate al fondo galleggiano e guidano altri che non riescono ancora a tornare bene a galla.

Don’t be afraid to show your friends
that you hurt inside, inside
pain’s part of life don’t hide behind your false pride
it’s a lie, your lie!

Knock me down – Red Hot Chili Peppers

Psychologically, it’s something that I can’t explain
Scratch my nails into the dirt to pull me out ok

Replay – Lady Gaga

MISCELLANEA #0 – CORONAVIRUS

Sei sopraffatta dalla vita che in se non è brutta, né infelice ma nemmeno strepitosa e totalmente realizzata.

La routine ti assale ogni giorno. Ti annienta. Un tapis roulant dal quale non puoi scendere.

La mente è stanca.  Tutto diventa difficile.

Hai perso la concentrazione da un tempo che non riesci a calcolare perché ti scottano le meningi appena cerchi di mettere insieme due nozioni in più.

Non scrivi più. Il filo dei pensieri si perde, le cose appaiono meno vivide.

Ti sembra di aver perso qualcosa ma non sai più cosa. Forse il fatto di poter essere attiva intellettualmente.  Forse il fatto di aver iniziativa e interesse in generale.

Non formuli più pensieri brillanti. Ti crogioli in momenti di ovattamento mentale appresso a un gioco del cellulare o scorrendo la bacheca dei social.

Ti preoccupi della salute. Questo sì. Ma invece di farti un check up…reagisci facendo ragazzate.  Non ti riconosci più ma non sai come uscirne.

Inizi a pensare che ci vorrebbe qualcosa, un evento, uno stratagemma che dia un freno a tutto quanto ma che non dipenda da te. Sarebbe troppo imbarazzante alzare la mano e dire ho bisogno di non so cosa. Forse solo di rallentare.

Serve qualcosa che ti dia un alibi per riposare senza rimorsi.

Per rivivere il tempo che scorre come un piacere e non solo come un inflessibile controllore della fretta di non concludere nulla per bene.

Per ricordarsi di se.

Per curare.

Per fuggire dalle responsabilità senza sensi di colpa.

Ed improvvisamente, come se un regista fuori campo avesse ascoltato di nascosto la tua sceneggiatura mentale, accade.

Gli eventi  ti costringono chiusa in casa a lavorare solo poche ore e sentirti come in una convalescenza forzata ma senza i disagi della malattia.

Un bellissimo dono per una persona in crisi,  tempo extra per rimanere in pigiama ad accarezzare il  proprio gatto, per cucinare con calma, per leggere, per distrarsi senza ansie.

Per resettare la mente.

Così riaffiorano ricordi sommersi da anni, profumi, sensazioni, percezioni di se del tutto sopite.

Attività onirica, voglia di muoversi e faticare.

Quella sensazione di potenziale inespresso da poter occupare a piacimento.

Quella sensazione di ritrovare finalmente quel qualcosa che si era perso.

Una pandemia mondiale fuori.

Una goduria primordiale dentro.

 

 

 

 

 

MONOLOGHI DA NON DIMENTICARE

“In questo momento magari non ti va di provare alcunché.

Magari non hai mai voluto provare alcunché.

E magari non è a me che vorrai parlare di queste cose. 

Ma ovviamente qualcosa l’hai provato. Avevi una splendida amicizia.

Forse più di un’amicizia. E io t’invidio.

Al posto mio, la maggior parte dei genitori s’augurerebbe che tutto questo scompaia, pregando che i loro figli si rimettano in piedi. 

Ma io non sono un genitore del genere. Asportiamo così tanto di noi stessi per cercare di guarire prima, che quando poi arriviamo a trent’anni siamo già falliti, e ogni volta che ricominciamo con qualcun altro abbiamo sempre meno da offrirgli. 

Ma costringersi a non provare niente per non provare niente — che spreco!
Ne ho parlato abbastanza? 

Allora dirò solo un’altra cosa per schiarirti le idee: Io non ho mai avuto ciò che avete avuto voi. Ci sono andato molto vicino ma c’era sempre qualcosa che mi bloccava.

Come vivi la tua vita sono affari tuoi. 

Solo ricorda, i nostri cuori e i nostri corpi ci vengono donati una volta sola.

E prima che tu te ne renda conto, il cuore si logora, e quanto al tuo corpo, a un certo punto arriva il momento in cui nessuno lo guarderà, né tanto meno vorrà avvicinarvisi. 

Adesso c’è il dispiacere.

Il dolore.

Non ucciderlo, perché assieme ad esso se ne andrebbe pure la gioia che hai vissuto“.

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– Sig. Perlman Chiamami col tuo nome

Paradosso dei nostri tempi.

Il paradosso dei nostri tempi è che il chitarrista di una band famosa ti fa gli auguri di compleanno mentre alcuni “amici” no.

Per la serie W i social e W whatsapp che ci aiutano a restare connessi 🤣

La vecchiaia avanza comunque… e sti 31 me li porto a casa a suon di ansia ingiustificata e mal di intestino ma anche tanta consapevolezza.

Grazie a tutti quelli che hanno avuto anche solo un pensiero per me.

A chi mi ha stupito con regali inaspettati e pensatissimi. ❤️

A chi mi sopporta.

Grazie 😊

I know your story but tell me again.

I know your story but tell me again…

Nothing you say wouldn’t interest me

All of your words are like poems to me

Succede che passano i giorni, silenziosamente diventano settimane,mesi e poi anni.

Nello specifico due.

Due anni che sto con una persona molto dolce, premurosa e sensibile.

Ogni giorno che passa mi sento sempre più fortunata.

Ci somigliamo in un sacco di cose ma in altrettante siamo complementari.

Lo considero la persona che più mi capisce al mondo.. Basta che mi guardi per sapere di cosa ho bisogno.

Di rimando penso di conoscerlo come le mie tasche ormai.

Ma poi ci sono delle sere in cui per caso si fanno discorsi profondi e ci si confida.

E nella semplicità della condivisione ci si senta ancora più in sintonia e più uniti di prima.

Sono felice.

Consapevolmente.

E se persone che non vedevo da molto tempo me l’hanno fatto notare e ne sono rimaste colpite vuol dire che è palpabile.

A tutti dico:

I wish you all the love in the world… But most of all I wish it for myself.

L’INSOSTENIBILE PESANTEZZA DELL’ESSERE

Cosa diventano tutti i nervosismi e problemi quotidiani davanti a un cranio calvo bianco latte, se quel cranio appartiene a un ragazzino forse nemmeno sedicenne?

Davanti a certi rumori così sinistri provenire da un corpo troppo stanco e troppo piccolo per contenere un dolore così grande.

All’improvviso mi sento minuscola e scema.

Per tutte le lamentele stupide e per le paranoie da imbecille che mi faccio spesso. Soprattutto mi sento grata di aver potuto vivere finora.

Di avere tempo.

Solo un giorno prima piangevo di gioia perchè la vita è stata clemente col mio fidanzato.

Quando quelle parole sono state finalmente pronunciate, il fatto che le patologie gravissime fossero state escluse, il sollievo è stato enorme e indescrivibile.

L’ho stretto forte a me e ho deciso.

Ho deciso che la vivrò a 1000 questa opportunità.

Gli spetteranno giorni difficili ma non pessimi.

Non è niente di insormontabile.

Poi ci sarà tutto il tempo del mondo.

Il viso mesto e rassegnato di quei genitori mi sia da monito sempre.

Al lunedì mattina quando la voglia di andare al lavoro è poca.

Quando qualcuno mi risponde male.

Quando mi viene la tentazione di cedere alle cattive abitudini.

Quando spreco energie per le cause perse.

Probabilmente è tutta una riflessione scontata. Ma ogni tanto un pugno in faccia che riporta alla realtà e che rimette a fuoco le priorità è necessario.

L’insostenibile pesantezza dell’essere è l’impotenza di fronte al dolore.

Il resto è noia.

2019.

Pochi secondi dopo la mezzanotte, nel tripudio generale di spumanti, scintillini e lanterne cinesi,  un caro amico del mio fidanzato mi ha abbracciata e mi ha detto delle parole stupende.

Più o meno queste: Sono felice che tu ci sia, perchè hai reso felice uno dei miei migliori amici. Spero che non vi lasciate mai.

Quale modo migliore di cominciare l’anno?

Mi sono quasi commossa per il fatto che una persona che non mi conosce bene abbia pensato questo.

Soprattutto se la gente che dovrebbe conoscerti meglio invece, ti snobba e ti esclude.

Forse in fondo non è sempre un male.

Bisogna far spazio alla purezza.

Non ai rapporti malati.

Nè a quelli di circostanza.

Nè a quelli alimentati dall’urgenza di risolversi.