La nobile arte del rifiuto.

​Comunque ho capito.

La metafora del quanto è bello in fondo stare soli, farsi i cazzi propri. 

Una bella metafora per dire stai su di dosso non vai bene.

Tuttavia per quanto io possa cogliere al volo e anzi prevedere certe reazioni non posso controllare la chimica.

Perciò lo smacco rimane tanto quanto la speranza che prima o poi questa tensione si sprigioni che sia in positivo o in negativo.

 Dato che ormai sono anni che esiste e su questo almeno, mi spiace sottolinearlo che magari vai in crisi, ma non ci piove.

Forse ciò che è difficile da superare è il concetto che oltre l’amicizia è pericoloso spingersi.

Forse é perché in fondo penso ma io che cosa voglio davvero? 

Quindi mi faccio andare bene questa risposta nascosta tra mille righe inutili. 

Che diosanto quando distribuivano il dono dell’essere aperti e dire ciò che si pensa tu hai cambiato fila di proposito. 

Niente dai ridiamoci su (come al solito da sei anni a sta parte). 

Questa è una foto per ricordare a chi passa di qui che questa è la mia faccia e se non ce la metto a volte è solo perché  reputo ci sia troppa esposizione. 

Non è scelta a caso. :mrgreen:

10 pensieri su “La nobile arte del rifiuto.

  1. Vorrei soffermarmi sulla frase “quando distribuivano il dono dell’essere aperti e dire ciò che si pensa tu hai cambiato fila di proposito”.
    Ecco, tu invece non cambiare mai fila!
    D’altra parte, l'”essere aperti” e il “dire ciò che si pensa” non sono affatto “doni”, “distribuiti” da un’entità misteriosa e insondabile; al contrario, sono capacità virtuose da conquistare individualmente giorno dopo giorno, nelle piccole evenienze, come nei momenti importanti che la vita pone al nostro cospetto.
    Magari non è necessario, ma sento di doverti (e dovermi) spronare: lotta sempre – in prima istanza all’interno di te stessa – per essere chi sei e manifestare ciò che pensi!
    Secondo il poeta statunitense Ezra Pound, se una persona ha paura di mostrare le proprie idee, o non valgono nulla quelle idee, o non vale nulla quella persona.
    CORAGGIO!!!
    E – a proposito di CORAGGIO e del suo significato autentico – spero di far cosa gradita se ti propongo una riflessione di don Luigi Ciotti pubblicata su “il Fatto Quotidiano” del 25 febbraio 2013:

    “<> dice il povero don Abbondio al Cardinale Federico Borromeo in un celebre passo dei Promessi Sposi.
    A questo prete letterario, emblema della codardia e della sottomissione ai prepotenti, mi piace rispondere con le parole di un sacerdote vero”, don Peppe Diana, assassinato dalla camorra il 19 marzo 1994:
    “<>.
    […] Aveva ragione, don Peppe: il coraggio è qualcosa che dobbiamo ritrovare perché ognuno lo possiede già dentro di sé, magari senza sospettarlo.
    Coraggio non vuol dire disprezzare il pericolo, calpestare il buon senso, mettersi in mostra con imprese mirabolanti.
    Il coraggio vero è qualcosa di molto più semplice: ci richiama all’origine latina della parola, cor-habeo, che significa <>.
    E il cuore tutti ce l’abbiamo, no?
    Solo che spesso non siamo in grado di ascoltarlo, di sintonizzarci sul suo battito più autentico, perché distratti dal <> in cui sono cullate le nostre vite: il rumore dell’abitudine, del conformismo, della delega, della <> superficiale, dell’individualismo e dell’indifferenza.
    Che fare per ritrovarlo, questo coraggio?
    <> spiega il Cardinale Federico allo spaurito don Abbondio.
    E <> risponde ancora, idealmente, don Diana, di nuovo indicandoci la strada: avere cuore significa innanzitutto avere a cuore qualcosa, qualcuno, e mettersi pienamente in gioco per il suo bene.
    Non ci scopriremo coraggiosi per noi stessi, ma sempre per gli altri, e la prima forma di coraggio è proprio uscire dagli stretti confini dell’io per aprirci al noi, alla relazione, a quella corresponsabilità che sola è capace di costruire cambiamento.
    Il coraggio non è insomma una rincorsa all’autostima, né una gara di gesti eclatanti, ma una questione di <>, e di coerenza, nelle piccole e grandi scelte quotidiane.
    […] Coraggioso è chi guarda in faccia le proprie fragilità e le affronta (<>): chi lotta per sconfiggere una dipendenza, per uscire da una situazione di violenza, per riparare a un errore commesso.
    Coraggioso è chi, in ogni situazione della vita, alle scorciatoie della furbizia, dell’inganno e della prepotenza preferisce la fatica della responsabilità.
    In questo senso, il coraggio è qualcosa di profondamente legato alla nostra capacità di essere pienamente e consapevolmente liberi”.

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      • Buongiorno Danilo, ho appreso più volte questa tua risposta e commento al mio post, nella mia posta personale, su un altro sito e ora qui. Non è necessario ribadirlo più volte perchè pare quasi un’azione ossessiva la tua e scusa l’aggettivo ma sinceramente anche un poco inquietante. Io lavoro molto quindi spesso a commenti – lettere così articolati che necessitano tempo e volontà di una risposta adeguata rispondo lentamente. Non fraintendere ti ringrazio per l’attenzione e l’interesse manifestato e se avrò tempo ricambierò le visite al tuo blog, tuttavia a livello personale non sono interessata. Se vuoi passare di qua comunque sei il benvenuto! Tanti cari saluti.

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  2. Mi spiace, non volevo apparire “ossessivo”, né tanto meno “inquietante”.
    Il mio scopo era scambiare due chiacchiere insieme a te, sottoporre alla tua attenzione le mie (prolisse) considerazioni su ciò che scrivi e – chissà – magari cogliere l’occasione per provare a conoscerci meglio.
    Se ti sono parso per ciò che non volevo essere, non posso che scusarmene.
    Buona serata!

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